La parola
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4a domenica del Tempo Ordinario - anno A, Matteo 5, 1-12

Beati i poveri in spirito

Matteo apre il primo discorso di Gesù, il discorso del monte, con un testo di straordinaria intensità e bellezza, le celebri beatitudini, che rappresentano un apice del Vangelo, tanto che ogni parola di commento rischia d'impoverire o di ridurre questa proclamazione solenne del Signore.

Beati i poveri in spirito

Matteo apre il primo discorso di Gesù, il discorso del monte, con un testo di straordinaria intensità e bellezza, le celebri beatitudini, che rappresentano un apice del Vangelo, tanto che ogni parola di commento rischia d'impoverire o di ridurre questa proclamazione solenne del Signore. Secondo una tipologia ricorrente nel vangelo di Matteo, Gesù è evocato come il nuovo Mosè, che dona alla sua comunità la definitiva legge di vita e di salvezza; sale sul monte, luogo tradizionale delle grandi rivelazioni, come Mosè era salito sul Sinai, e lì si siede, in atteggiamento del maestro, circondato dai suoi discepoli, anche se lo sguardo abbraccia le folle in ascolto. Ciò che viene detto ai suoi, in realtà è rivolto a tutti, tanto che l'evangelista metterà in evidenza, alla fine del lungo discorso, la reazione di stupore degli uditori: “le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7,28-29). Ci chiediamo: che cosa sono le beatitudini, questa forma letteraria ben attestata nella Scrittura, in particolare nella tradizione sapienziale e nei Salmi? Occorre superare una concezione parziale di queste espressioni, in senso moraleggiante, come se si trattasse di una serie di nuovi precetti o di indicazioni di comportamento: certamente, nella versione di Matteo, le beatitudini racchiudono un contenuto morale, delineano una posizione originale e controcorrente, rispetto ai metri di valutazione comune. Ma sono parole di lode, che celebrano i tratti di un'umanità nuova, il miracolo di un'esistenza, investita dalla luce del Regno; sono proclamati beati coloro che agli occhi del mondo e della storia sembrano essere dei perdenti, dei deboli, uomini che soccombono e non hanno la capacità d'affermarsi o di realizzarsi: i poveri in spirito, cioè gli umili, coloro che piangono nell'afflizione, i miti, coloro che hanno fame e sete della giustizia e anelano a compiere non la propria volontà, ma quella di Dio, i misericordiosi, i puri di cuore, leali e trasparenti nell'agire, gli operatori di pace, così spesso sconfitti dalla logica dello scontro e della sopraffazione, i perseguitati a causa della giustizia e, in particolare, i discepoli di Gesù che incontreranno persecuzione e derisione a causa del vangelo. Ma perché sono beati costoro? E da dove nasce la disponibilità d'incarnare nella propria vita questi atteggiamenti così diversi dalle logiche immediate del tornaconto, dell'utile, del possesso, dell'affermazione di sé e dei propri interessi? Per rispondere a queste domande, poniamo attenzione a chi pronuncia queste parole, perché in Gesù la parola diviene evento, in certo modo tutte le parole del vangelo si fanno carne nella persona e nella vita di Cristo: non a caso l'uomo saggio, che costruisce la casa sulla roccia, evocato alla fine di questo primo discorso di Matteo, in contrapposizione con l'uomo stolto, che costruisce la casa sulla sabbia (Mt 7,24-27), non è solo il discepolo che ascolta e mette in pratica la parola, ma è Gesù stesso, che costruirà la sua casa, la sua Chiesa, sulla roccia di Simon Pietro, sulla roccia della confessione di fede dell'apostolo (Mt 16,16-18). Dunque, anche le beatitudini, prima che mostrare una via per noi, racchiudono il volto più vero di Cristo, la bellezza della sua umanità, così differente dai criteri del mondo, eppur così corrispondente al cuore semplice dell'uomo: è Gesù il mite e umile di cuore, è lui l'afflitto, che ha sempre cercato il regno di Dio e la sua giustizia, è lui il misericordioso, che ha svelato il Padre grande nell'amore, è lui l'operatore di pace, che ha conosciuto la persecuzione fino alla croce. È l'attrattiva per Gesù, che rende possibile il miracolo delle beatitudini: quando i suoi discepoli rivivranno queste situazioni esistenziali di povertà, di sofferenza, di prova, e sapranno assumere gli atteggiamenti indicati nelle parole e nella vita del Signore, saranno beati, non solo perché destinati ad una pienezza di gioia nel Regno, al di là della morte, ma già ora, perché sapranno d'avere qualcosa in comune con Gesù, sperimenteranno la gioia intima e pacata della comunione con il Signore, il povero umiliato, l'innocente che soffre, il crocifisso che vince la morte nella sua dedizione al Padre.

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