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Industria e imprese in Italia: da tutelare

Dal Governo devono arrivare incentivi alla produzione e all’occupazione

Nella decisione del premier Mario Draghi di aprire la "fase nuova" della vita economica ed industriale del nostro paese nel distretto della ceramica di Spezzano e Fiorano nel modenese è racchiusa la sua idea della necessità di ridare slancio al settore produttivo ancora esistente in Italia, che è riuscito a resistere al vento della globalizzazione reinventandosi ed adattandosi al cambiamento, rappresentato da piccole e medie aziende spesso molto innovative e ben integrate nel contesto internazionale.
Contrariamente a Francia e Germania, nel nostro paese la grande industria è ormai scomparsa ed anche il polo siderurgico di Taranto ha un futuro molto incerto dopo le ultime sentenze.
La sua sopravvivenza è legata alla decisione del Consiglio di stato che si esprimerà sulla richiesta del sindaco di Taranto di spegnere gli altiforni delle Acciaierie d'Italia (il nuovo nome dell'ex Ilva dopo l'ingresso dello Stato al fianco di ArcelorMittal), mettendo fine alla storia del più grande impianto siderurgico d'Europa che è anche il cuore d'acciaio dell'Italia.
Nel tradizionale rapporto periodico, Banca Intesa San Paolo prevede per il 2021 una crescita del fatturato dei distretti industriali del 12 %; si tratta di un dato non omogeno per il comparto industriale nazionale con la sua parte più moderna e dinamica, che rappresenta circa un quarto del totale, che dovrebbe essere la locomotiva incaricata di trainare la ripresa ed un altro 25 % che rischia invece di essere costretto alla chiusura.
Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha ricordato che anche se l'Italia può contare su un segmento di crescita di imprese dinamiche e innovative, “persistono gli elementi di fragilità del tessuto produttivo.
Il numero di microimprese con livelli di produttività modesti rimane estremamente elevato, mentre è ridotta la presenza di aziende medio-grandi che pure hanno un'efficienza comparabile a quella della maggiori economie vicine".
Mario Draghi, in un recente intervento in occasione della Festa della Repubblica, ha dichiarato che "Questa Italia è viva, forte e ha voglia di ripartire" e confermato che siamo nella "stagione della rinascita" con il "Governo che deve assicurare le condizioni in cui possono crescere produzione, occupazione e prosperità".
Il premier ha riconfermato che la ripresa si baserà su innovazione, competitività delle imprese e coesione sociale, ricordando però che è indispensabile ripartire con un assetto nuovo.
La Commissione europea, nelle sue Raccomandazioni economiche di primavera, come era facilmente prevedibile, evidenzia molti aspetti negativi e preoccupanti per il nostro paese: "L'Italia presenta squilibri eccessivi", in particolare per quanto concerne l'enorme debito pubblico, il mercato del lavoro ed il sistema delle banche.
A seguito dell'emergenza sanitaria che ha portato alla sospensione del Patto di stabilità e all'avvio del Recovery Fund, in queste raccomandazioni non compaiono indicazioni precise ma solo indicazioni generali e orientamenti delle politiche di bilancio, ma si tratta solo di un aspetto transitorio legato alla particolarità del momento destinato comunque a finire insieme all'emergenza causata dalla crisi pandemica.
I Commissari evidenziano: "Le vulnerabilità riguardano l'elevato debito pubblico e la protratta debole dinamica della produttività che hanno rilevanza transfrontaliera in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e del settore bancario".
Il documento della Commissione ricorda che "Il debito pubblico è cresciuto nettamente nel 2020 riflettendo la caduta del Pil e si aspetta che venga ridotto solo nel 2022" e che potremo superare la crisi e rimettere in moto la nostra economia solo se sfrutteremo fino in fondo le risorse messe a nostra disposizione dai partners secondo i tempi prestabiliti e nelle condizioni pattuite rispettando gli impegni alle riforme strutturali contenute nel Pnrr del governo italiano.
Nelle Raccomandazioni di primavera, la Commissione sposa la linea del premier Draghi anche sul tema dei licenziamenti, con un riferimento esplicito che ricorda come politiche come il divieto generale di licenziamento tendono a influenzare la composizione ma non la portata dell'aggiustamento del mercato del lavoro, sottolineando che l'Italia è l'unico stato membro che ha introdotto un divieto assoluto di licenziamento dall'inizio della crisi Covid e riconfermando che questo strumento che impedisce il ritorno ad una situazione fisiologica non determina nel lungo periodo un aiuto ma favorisce in realtà discriminazioni tra i lavoratori e rallenta ed ostacola il necessario adeguamento della forza lavoro alle esigenze aziendali.
In questo contesto ricco di opportunità che il nostro paese non può permettersi di non sfruttare, rispettando tutti gli impegni presi con i nostri partners che vigileranno sul puntuale rispetto dell'esecuzione dei progetti e della loro tempista anche con la recente istituzione della procura europea che è il primo "organismo indipendente dell'Unione incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione", è necessario l'impegno da parte di tutti e non solo delle forze politiche.
E' assolutamente necessario lavorare insieme, in uno spirito di collaborazione e cooperazione tra capitale e lavoro, per imprimere una svolta che permetta al nostro paese di crescere con un significativo aumento della produttività che ci possa portare ai livelli europei da cui negli ultimi decenni ci siamo gradualmente sempre più allontanati.

Fonte: Il Cittadino
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