Sinodo: luogo di comunione tra diversi carismi
Lo scopo del processo sinodale che si inaugurerà nell'ottobre 2021
Non un “parlamentarismo”, né uno spazio di “scontro ideologico”, ma un luogo di unità, discernimento, comunione, dove ognuno potrà apportare un contributo per la vita della Chiesa secondo il suo carisma: “Il laico come laico, il chierico come chierico”. Così monsignor Luis Marín de San Martín, sottosegretario del Sinodo dei Vescovi e coordinatore della Commissione Teologica, inquadra il prossimo Sinodo che si celebrerà nel 2023 in Vaticano quale tappa conclusiva di un processo di tre anni avviato nelle Chiese locali dal prossimo ottobre. Un evento speciale e, al contempo, inedito per la Chiesa universale che, secondo monsignor Marín, è bene definire un kairos: “Un tempo di Dio che ci rimanda all’essenza stessa della Chiesa: camminare insieme”.
Il Sinodo – scrive il presule in una dichiarazione – non è un parlamentarismo né uno scontro ideologico, ma discernimento nello Spirito e corresponsabilità. Ognuno secondo il suo carisma: il laico come laico, il chierico come chierico. Per percorrere questo cammino abbiamo bisogno non solo di un cambiamento di mentalità, ma di un cambiamento di cuore. Una conversione”.
In particolare, il prelato evidenzia alcune chiavi di lettura di questo processo voluto da Papa Francesco. Anzitutto l’unità, in Cristo e dei cristiani tra di loro: “Camminare insieme non è un’invenzione o un avvenimento del presente, ma il modo di essere Chiesa, come lo è la comunità o la missione”. È quello che Sant’Agostino chiamava il “Cristo totale, testa e membra”: “Non c’è unità tra i membri se non in Cristo. E questa unità è pluriforme, non uniforme”.
Monsignor Luis Marín si sofferma quindi nel suo scritto sul contributo che la Commissione Teologica vuole offrire nel processo sinodale. “Senza dubbio, la teologia deve essere presente nel Sinodo”, anche perché è erroneo - evidenzia - pensare che la teologia “sia un mero esercizio intellettuale, un passatempo per certe élite ecclesiastiche”. Il Concilio Vaticano II, in particolare la costituzione Gaudium et Spes, “ci ricorda che la teologia ha lo scopo di comunicare la dottrina agli uomini e alle donne del nostro tempo, cioè all’intelligenza della fede”, allo scopo di “conoscere il Dio rivelato in Cristo e testimoniare la Buona Novella della salvezza. Deve essere un’esperienza d’amore che ci porta alla missione”.
La Commissione Teologica desidera quindi “partecipare, aiutare e collaborare al cammino della Popolo di Dio, in questo tempo di grazia che la sinodalità rappresenta”. Nello specifico, i compiti che ci sono stati affidati sono: “Dare supporto teologico alla Segreteria del Sinodo e aiutarla in tutto ciò di cui ha bisogno; rivedere i testi e i documenti e dare eventuali suggerimenti; presentare proposte teologiche per lo sviluppo del Sinodo; produrre e condividere materiali per lo studio e la formazione teologica; lavorare a stretto contatto con le altre Commissioni. Siamo anche disponibili ad assistere soprattutto gli Incontri Internazionali delle Conferenze Episcopali e a collaborare con loro”, spiega Marín.
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